Claudia Mura

Verità e finzione in Tango in campo minato

Il primo selfie che ha poi ispirato l’immagine della copertina

Quanto c’è di vero nel tuo romanzo? È una domanda che molti autori si sentono rivolgere e capita pure a me. Per lo più i miei lettori sono curiosi di sapere quanto io sia Lena ma non so se scriverò mai un articolo su questo tema. Tutto ciò che ammetto è che nel mio caso è vero ciò che si dice degli esordienti: il primo libro è sempre il più autobiografico.

Ciò che invece voglio raccontare è relativo a singoli episodi, perché le cose più strane che ho raccontato nel romanzo, sono prese proprio dalla realtà. Farò esempi alla rinfusa ma prima di tutto devo avvisare che questo articolo lo possono leggere solo coloro che hanno finito Tango in campo minato, altrimenti si rovinano la lettura (voce del verbo spoilerare).

Il gatto inseguito dal cane
L’episodio in cui Lula insegue un gatto grigio e durante la corsa entra in un cespuglio dal quale esce con un gatto grigio – fortunatamente di peluche – tra le fauci, è vero. Mi è capitato con Lara e vi giuro che quando l’ho vista col fantoccio in bocca ho perso almeno un anno di vita prima di capire che era molto più piccolo del felino vero ancorché dello stesso colore tigrato.

Ciabatte pisciate

Anche questo è vero, del resto una cosa del genere non me la sarei proprio saputa inventare, ed è avvenuto esattamente come lo descrive Lena cercando di stimolarsi una risata. Non confesserò neanche sotto tortura a quale dei miei ex fidanzati sia capitato l’inconveniente.

La piccola Lena con la faccia spaccata

E’ una delle mie memorie prestate a Lena. È successo a me a sei anni di cadere da un muro altro circa 4 metri e di strisciare la faccia lungo l’intonaco granuloso. Ero una maschera di sangue e sono rimasta sfigurata per mesi. Facevo davvero spavento e la gente si girava per strada a guardarmi con la bocca aperta. È una delle cose più spaventose che mi siano accadute e la paura di rimanere un mostro per il resto dei miei giorni mi ha accompagnata per un periodo che alla seienne che sono stata è parso eterno.

La rosa sulla bocca

Pure questa è una mia mania: le compro davvero dai pakistani ai semafori e mi piace annusarle poggiandole sulle labbra. È nato così il selfie della copertina: una foto casuale che mi è piaciuta tanto da diventare l’immagine della prima di copertina.

L’urlatrice

Anche in questo caso sono io. Sono io che caccio fuori strepiti micidiali quando mi spavento. L’episodio iniziale del topo annunciato da un urlo si è verificato più di una volta nella villetta al mare dei miei genitori che, però, non è a Torre delle stelle.
La scena in cui Lena urla in auto e sfonda i timpani di Libero è realmente accaduta: sono stata sfidata e il mio grido nel chiuso dell’abitacolo è sembrato una bomba. Lo sfidante è rimasto sconvolto e non me lo ha più chiesto.

La zia dialoghista

Ho realmente una zia dialoghista ma è una cugina di mamma e non sorella di babbo. Si chiama Maria Rosalba Mereu e a differenza della zia Melissa di Lena è adorabile e non si è mai sognata di tornare a Cagliari per aprire una scuola di dizione. Vive ancora a Roma con mio dispiacere.
Ho fatto due corsi di dizione in passato ma nessuno insieme a mia zia. La tecnica per perdere l’accento cagliaritano che descrivo nel libro è una mera invenzione.

La bilancia

Il rito mattiniero che descrivo nel primo capitolo succede ogni giorno nel mio bagno. Mi peso e sacramento ogni mattina, visto che ultimamente le soddisfazioni sono poche.

Il tango

Ho ballato il tango per anni a intermittenza ma è da tre anni che non lo pratico più. Non dispero di riprendere perché lo adoro. Il mio attuale compagno è peggio di Milo da questo punto di vista e, dato che Libero non esiste, non so con chi ballare.

L’auto di Lena

Quella che descrivo è la mia auto ma in una versione più vecchia rispetto a quella di Tango in campo minato. Effettivamente sono una fissata con le dotazioni di sicurezza perché non vado leggera sull’acceleratore. Anni dopo avere scritto il libro mi sono sentita dire la frase “guidi come una maschio” dal mio fidanzato (Libero dice di Lena che “guida come un uomo”). Non è l’unico caso in cui qualcosa che ho decritto nel libro si è poi avverato. Anzi continua a succedere e non solo a me. Più di un’amica mi ha confessato che ho descritto fatti e stati d’animo che ha vissuto o sta vivendo.

Creep

Creeep dei Radiohead e Via con me di Paolo Conte mi procurano davvero lo struggimento che descrivo in Lena. Le altre musiche citate nel libro sono quelle che ascoltavo spesso mentre scrivevo con le cuffie e il volume al massimo per non sentire il cane del vicino che abbaiava indefessamente. Mi capita di andare in fissa con una canzone e ascoltarla fino all’alienazione mentale. Ci cado dentro e la musica comincia a procurami sensazioni e ispirazioni molto forti che ho difficoltà a tradurre in parole, devo sublimarle inventando personaggi, dialoghi e situazioni razionali che hanno in comune con la percezione iniziale solo un vago sentore.

Libero

Me lo chiedono soprattutto le donne. Mi spiace deludervi: Libero non esiste e se vi siete innamorate di lui sappiate che in realtà siete innamorate di me che l’ho inventato. Se fosse esistito mi sarei dannata l’anima (che del resto forse non possiedo, proprio come Lena) per conquistarlo.
C’è solo un elemento di Libero che ho preso dalla realtà: la sua professione che è molto simile a quella dell’uomo con il quale vivevo all’epoca. È stato lui a darmi preziosi suggerimenti per rendere più concreto il suo lato professionale. Tutto qui.